Di Andrea Barretta
Dopo la sua partecipazione alla Biennale di Venezia 2024 Antonello Diodato Guardigli (in arte ADGART), ecco che lo ritroviamo con una sua scultura ad Art Basel Miami, l’importante fiera d’arte moderna e contemporanea che si svolge dal 6 all’8 dicembre 2024. Uno sbarco negli Stati Uniti con i suoi “passi”, a tradurre il titolo della sua opera Steps (2024), nella rappresentazione di tre bauli appoggiati uno sull’altro e l’artista in alto seduto nella posa del pensatore di Auguste Rodin, il pittore e scultore francese. E pittore lo è anche Diodato Guardigli, ma come per la Biennale veneziana in cui presenta l’installazione Oltre, a raffigurare la sciagura delle guerre per l’umanità, adesso conferma la sua indipendenza artistica compiendo una incursione nella tradizione scultorea figurativa.
Un’opera di forte impatto visivo come memoria della nostra contemporaneità in cui ci si ritrova e che rimanda a una sua narrazione, in una riflessione che condivide con il pubblico, e lo coinvolge. Steps, in ferro e bronzo, crea superfici complesse in un accumulo che definisce, tra l’altro, la sovrapposizione e la sovraesposizione di una biografia vissuta. È un viaggio che non ha partenza né arrivo, se non in quel “pensiero” in alto che si fa piccolo, ma di grande efficacia, esaltando il carattere e la fisicità del realismo in cui Diodato Guardigli sente il bisogno della verosimiglianza, ossia quella conformità al vero che combina l’abilità con la propria sensibilità, più attento all’indole e al turbamento nell’incisività dell’opera.
Perché quell’avvertibile pieno di un bagaglio si trasforma in una complementarietà che forma un contributo nel sintetizzare una umanità legata da una trama di racconti, suggestionante nel proprio contesto, in una indagine circa la sorte dell’individuo e del genere umano relativamente ad aspettative sul domani, in uno spazio tempo dato dalla ruggine, e ispirato per una corrispondenza lirica in continua trasformazione, capace di tenere insieme passato e futuro, perché è peregrinazione, libertà, ma anche separazione. Casse che trattengono le sue esperienze, come contenitori di storie che arginano ricordi, che sembrano attendere di essere recuperate e continuare il cammino.
È il rapporto tra il soggetto e l’arte che il nostro artista articola nell’occorrenza di riferire attraverso rispondenze che sperimentino un metafisico sguardo, che lo spettatore pone a prescindere dagli oggetti che vediamo, in una raffigurazione come esplorazione di un’arte espressiva. Temi che sempre più sigillano l’arte del nostro autore, in una modalità operativa ermeneutica che fonde in simultaneità artistiche e sequenze varie, e ne compatta il ruolo mnemonico, nel riconsiderare la storia che è coscienza, trasmettendo attraverso la materia la sua energia. Fino a far emergere nei suoi lavori i frammenti messi insieme da tracce con un suo peculiare linguaggio, trasferendo il significante nel significato di un’arte oggettivata, in un allegorismo pragmatico che per Diodato Guardigli sta in una soluzione intellettuale, con principi che rivendicano l’esigenza dell’uomo di esaurire quell’insieme di problemi fra loro connessi, proiettandosi nel sistema relazionale che troviamo in tutta la sua arte. In un nuovo paradigma anche per quanto potrebbe essere motivo di un processo intuitivo, da scoprire nell’estetico quale attuazione delle sollecitazioni sensoriali, e ne consegue un punto di vista ad afferrare quel legame con l’arte e con le congiunzioni acquisite, ma pure con la tangibilità sociale.
L’arte, quindi, come prova che aiuta il nostro artista a connettersi con la sua concretezza, approcciandosi all’estetica esperienziale che ricontestualizza, sottolineando come ogni aspetto della nostra reciprocità possa essere personale e allo stesso tempo ricettività per la bellezza che è armonia in questa scultura, che sta nella proporzione e nell’accordo di più elementi in una coerenza a livello visivo, dove ogni dettaglio si presenta come una parte del tutto creando forme che si rincorrono.
Steps, infatti, è riferibile a uno stile non convenzionale ed è di grande originalità, attraverso quelle scale che usa per arrampicarsi sulla sommità di una determinazione sostanziale dell’esistenza umana, in quanto essa palesa l’assetto dell’essere e degli avvenimenti di una vita. Una situazione comune a molti che giunge quando si mettono in dubbio i fattori più importanti per la sopravvivenza, che pone domande a quesiti che non hanno una risposta precisa. E Steps analizza quelle veridicità che riguardano una parte di noi e di ciò che non possiamo conoscere, in quella disposizione associata a un senso di perdita per una mancanza di senso nel separarsi dal mondo. E dunque propone intensi stimoli emotivi, mettendo in discussione la capacità di affrontare l’etica, su ciò che originiamo e ciò che sprechiamo, dando una risposta alla genesi di tutte le cose, a grandi interrogativi che Antonello Diodato Guardigli si pone, come per una ricerca che assume forme anche molto diverse nel suo destino, nel darsi una direzione da seguire, in una società sempre più difficile e sempre meno attenta alle necessità del singolo.
Una incognita anche filosofica nell’opinione che sia affrontata al meglio attraverso l’ontologia, nell’identificare e far propri i valori e le convinzioni, nell’agire in linea con il proprio talento per facilitare il coraggio di mettere in gioco le nostre inquietudini perché, per potersi accettare, è imprescindibile restituire alla luce afflizioni, nel non sapere più cosa vogliamo, chi siamo, quale strada intendiamo attraversare o stiamo percorrendo. E Steps invita a non brancolare nel buio, senza un’alba che ci aiuti ad uscire dall’affanno, nell’immensità in cui viviamo dove si avverte un grande urgenza di comunità condivisa che ci aiuti ad affrontare le difficili lotte, non come ragione o proposito, ma come consapevolezza, in una comunicazione intrapersonale, ma anche in una solitaria meditazione con il mento poggiato sul pugno chiuso di una mano e il gomito sul ginocchio. Quasi a sostenere il peso del pensiero, che troviamo nella storia dell’arte, da Dürer a Giorgione e Giulio Romano, da Renoir a Van Gogh e Munch. Nella polisemia di un gesto diventato archetipo come metafora della vita stessa, e non importa la stanchezza, in quel volto corrucciato, tipico di chi indaga gli anfratti della propria mente. Che sta sulla vetta di un percorso compiuto, nella fatica di anni trascorsi inscatolati come prerogativa specifica che distingue questa scultura di Antonello Diodato Guardigli, per l’uomo maestro di sé stesso nell’eterno essere di fronte a un intimo dilemma.